e di un felice anno nuovo
da tutto lo staff del blog
PADANIA LIBERA!
Le ideologie sono la maschera con cui si fa la politica, per celarne le asprezze e inseguire il consenso. Gianfranco Miglio
E' la prima volta che una riforma di così ampio respiro, come lo è quella attuale sul federalismo fiscale, non porta nel dibattito parlamentare a scontri, contrapposizioni ideologiche e veti incrociati". "È invece in atto, e lo constatiamo con grande favore, un vero confronto costruttivo tra tutte le forze politiche. Lo dimostrano sia i toni dei parlamentari di maggioranza e di opposizione sia gli atteggiamenti dei ministri Bossi e Calderoli che, in questi mesi, hanno sempre dichiarato che il provvedimento è aperto al contributo di tutti. E, a dimostrazione di questo, Bossi e Calderoli recepiranno nelle commissioni di merito nel testo del federalismo gli emendamenti costruttivi presentati da tutte le forze politiche. E' un momento storico anche perché c'è la consapevolezza che il federalismo può e deve essere lo strumento che salverà il nostro Paese". "Abbiamo la certezza di vivere una fase decisiva perché c'è la possibilità di riformare lo Stato e speriamo che questo clima di dialogo tra le forze politiche possa durare per tutto l'iter del provvedimento a dimostrazione che finalmente è arrivato il momento di cambiare e modernizzare il Paese avvicinandolo ai cittadini".
1. Per il triennio 2009-2011 le dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, sono ridotte per gli importi indicati nell'elenco n. 1, con separata indicazione della componente relativa a competenze predeterminate per legge.
2. Dalle riduzioni di cui al comma 1 sono escluse le dotazioni di spesa di ciascuna missione connesse a stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse; alle spese per interessi; alle poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili con le regioni; ai trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria; del fondo ordinario delle università; delle risorse destinate alla ricerca; delle risorse destinate al finanziamento del 5 per mille delle imposte sui redditi delle persone fisiche; nonche' quelle dipendenti da parametri stabiliti dalla legge o derivanti da accordi internazionali.
Al punto che La Sicilia, qualche settimana fa, è arrivata a esultare amara per il ritorno dell'illuminazione il giorno della festa della patrona: «Sant'Agata “riaccende” Catania / Ma subito dopo è tornato il buio». «Chi di munnizza ferisce di munnizza perisce», sospirava venerdì sera qualche passante in piazza Duomo, davanti ai cassonetti di spazzatura rovesciati in mezzo al salotto buono della città dai dipendenti di una delle cooperative di netturbini senza stipendio da un mese. E questo è il tema al quale si aggrappano i cittadini etnei: possibile che Silvio Berlusconi, dopo aver fatto un figurone rimuovendo la spazzatura nelle strade di Napoli, si esponga davvero al rischio che proprio Catania, cioè la città dove nella primavera 2005 la destra riuscì ad arroccarsi e a resistere dopo una serie di vittorie della sinistra che sembrava inarrestabile, sia sommersa dai rifiuti e travolta dalle proteste di piazza? Possibile che non riesca a fare un miracolo per salvare dalla catastrofe il municipio governato dall'aprile del 2000 e fino a tre mesi fa proprio dal suo medico di fiducia, Umberto Scapagnini? «E che c'entro io? — è sbottato ieri con Il giornale di Sicilia l'ex sindaco —. La situazione era già grave prima e noi siamo stati martirizzati dal governo di centrosinistra che ci faceva arrivare in ritardo i finanziamenti. Colpa loro e della Sovrintendenza, che ha impedito che vendessimo degli immobili che ci avrebbero permesso di tenere i conti in ordine ». Dunque? «Dunque sono d'accordo: facciamo una commissione d'inchiesta e vediamo ». Un rapporto della Corte dei Conti, datato a giugno nei giorni delle dimissioni di quello che la sinistra ha ribattezzato per l'effervescenza «Sciampagnini », offre una versione diversa. E denuncia «gravi irregolarità », «carente attendibilità delle scritture contabili », «indeterminatezza delle risorse », «insufficienza delle risorse destinate al bilancio 2003»... E così via. Fino a precisare che la Sovrintendenza, a proposito di quegli immobili che il Municipio voleva vendere per tappare un po' di buchi (resta indimenticabile il dirottamento alle casse catanesi di soldi tolti dai fondi dell'8 per mille per pagare tra l'altro i ballerini brasiliani che avevano danzato sotto l'Etna per la gioia di Surama De Castro, la bella carioca che allietava il primo cittadino) aveva verificato la loro «appartenenza al patrimonio indisponibile». Di più, bacchettavano i magistrati contabili: la situazione già a giugno appariva «fortemente compromessa » per la «mancata tempestiva soluzione dei gravi problemi manifestatisi ben prima del 2003». Quando al governo, per capirci, non c'era la sinistra ma la destra. In una recentissima lettera a Berlusconi, Raffaele Stancanelli, il sindaco che proviene da An, chiede aiuto per «la difficilissima e gravissima situazione in cui versa il Comune di Catania per l'enorme situazione debitoria che ho ereditato e che ammonta a euro 357.000.000 a cui va aggiunto l'indebitamento complessivo delle società partecipate pari, al 31/12/2007, a euro 100.511.475; ed in queste somme non è compreso il debito residuo». Gli esempi del progressivo degrado, sotto l'occhio di Francesco Bruno che fa insieme il ragioniere generale del Comune e della Provincia fino a ieri governata dal potente Raffaele Lombardo, non si contano. Vigili urbani che per motivi elettorali sono stati via via promossi in massa col risultato che oggi su 540 poliziotti municipali solo 5 sono vigili semplici e 535 ispettori i quali, sia pur carichi di onori, devono uscire in strada il meno possibile perché spesso mancano i soldi per la benzina.
Estratto da: http://www.corriere.it/cronache/08_settembre_20/catania_crisi_5823ccd8-86dd-11dd-bd39-00144f02aabc.shtml
Insomma, come al solito i politici e gli amministratori si incolpano l'un l'altro come accadde con Napoli, e la situazione qual è? Una città in crisi.
A questo punto la cosa più giusta da fare è aiutare la città di Catania a risollevare il suo debito, magari con "piccoli" prestiti dalle altre regioni. Questa è la mia posizione, e non so nemmeno se coincide con quella della Lega Nord.
L'importante è che gli eventuali soldi che si invieranno alla città (sinceramente non so ancora se siano giunti a una decisione) siano spesi bene, risultino utili e vengano, ovviamente, restituiti in futuro.
Il federalismo fiscale non contrasta necessariamente l'eliminazione dei "doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" così ben descritti nella costituzione italiana.
Il thread di questo post: http://www.leganordoggiono.org/public/forum/leganord/viewtopic.php?f=14&t=16
*WiLLy Rs
Con l’eccezione della stampa cattolica, i mezzi di comunicazione non hanno dato risalto al fatto che ieri la Conferenza episcopale ha indetto una giornata di solidarietà con i cristiani perseguitati dai fondamentalisti indù (e una fiaccolata con l’appoggio di «Liberal» è prevista per mercoledì prossimo). Come se fosse una faccenda interna della Chiesa. Le notizie sulle uccisioni di cristiani che si verificano da alcune settimane nello Stato indiano di Orissa vengono naturalmente pubblicate (ieri sono state aggredite quattro suore dell’ordine di Madre Teresa di Calcutta). Così come vengono (di solito) pubblicate le notizie sui periodici massacri di cristiani in certi Paesi islamici.
Ma quando queste cose accadono ci si limita a registrare i fatti, per lo più senza commenti. Eccezionalmente, fece scalpore, nel 2006, l’uccisione di un sacerdote italiano in Turchia ma la causa è da attribuire, oltre che alla nazionalità del sacerdote, al fatto che la Turchia ha chiesto di entrare nell’Unione Europea. Sembra che per noi, e per l’Europa, il fatto che in tante parti del mondo persone di fede cristiana vengano perseguitate e, con frequenza, uccise, non sia un problema sul quale occorra sensibilizzare l’opinione pubblica. Eppure i fatti sono chiari. In un’epoca di risveglio religioso generalizzato sono ricominciate in molti luoghi le guerre di religione ma con una particolarità: in queste guerre i cristiani sono solo vittime, mai carnefici.
Da dove deriva tanto disinteresse per la loro sorte? Sono all’opera diverse cause. La prima è data da quell’atteggiamento farisaico secondo il quale non conviene parlare troppo delle persecuzioni dei cristiani se non si vuole alimentare lo «scontro di civiltà ». Come se ignorare il fatto che nel mondo vari gruppi di fanatici usino la loro religione (musulmana, indù o altro) per ammazzarsi a vicenda e per ammazzare cristiani ci convenisse. D’altra parte, basta rammentare le reazioni europee al discorso di Ratisbona di Benedetto XVI. Venne biasimato il Papa, non i fanatici che usarono quel discorso per tentare di incendiare il mondo islamico. C’è anche una seconda causa. Sotto sotto, c’è l’idea che se uno è cristiano in Pakistan, in Iraq, in India o in Nigeria, e gli succede qualcosa, in fondo se l’è cercata. La tesi dei fondamentalisti islamici o indù secondo cui il cristianesimo altro non è se non uno strumento ideologico al servizio della volontà di dominio occidentale sui mondi extra occidentali sembra condivisa, qui da noi, da un bel po’ di persone.
Persone che credono che l’Europa debba ancora fare la penitenza per le colpe (alcune reali e altre no) accumulate nei suoi secolari rapporti col mondo extra occidentale. Ne derivano il silenzio sulla libertà religiosa negata ai cristiani, soprattutto nel mondo islamico, e il disinteresse per le persecuzioni che in tanti luoghi, islamici e no, subiscono. Ne deriva anche una sorta di illusione ottica che a molti fa temere di più i segnali di risveglio cristiano (del tutto pacifico) in Italia che tante manifestazioni di barbarie religiosa altrove. Nel frattempo, le religioni «altre», con l’immigrazione, acquistano qui da noi un peso crescente. È difficile che si riesca a fare «patti chiari» con gli adepti di quelle religioni. Almeno finché non avremo capito che il mondo è cambiato e che le nostre reazioni, per lo più automatiche, irriflesse, a quei cambiamenti, sono datate e inadeguate."
L'attacco di Famiglia Cristiana arriva nel giorno in cui il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, rilancia e propone di usare i militari anche per affiancare i carabinieri che controllano la sicurezza del lavoro nei cantieri e nelle fabbriche. Il ministro, tuttavia, non si scompone più di tanto davanti alle critiche: «"Giochi di soldatini inutili"?. Lo dicano ai cittadini... Ci sono reminiscenze pseudo-ideologiche che vengono da sinistra ma anche da certi cattocomunisti con un atteggiamento post-sessantottino, antico, che è duro a morire». A La Russa si unisce il ministro iper-cattolico Gianfranco Rotondi: «Famiglia Cristiana usi un linguaggio cristiano». Gaetano Quagliarello (Pdl) ironizza: «Cambi nome e si chiami "Famiglia Cristiana per il Socialismo"». E, chiamato in causa, reagisce Alemanno che rivendica le «ordinanze antidegrado» come utile strumento «contro il racket e non contro i poveri».
A parte il fatto che il Vaticano ha comunicato che "Famiglia Cristiana" non "esprime la loro linea", la sua uscita è stata parecchio avventata e, oserei dire, esagerata. Il settimanale ha infatti paventato il rischio, dopo le riforme di questo governo, di un ritorno al regime fascista.
Nonostante critiche e proteste, l'utilizzo dell'esercito per controllare l'ordine pubblico nelle città, ha permesso di "liberare" numerosi uomini del corpo dei carabinieri, utilizzati così per ulteriori turni di sorveglianza. A quanto pare, anche la maggior parte dei cittadini si sente più sicura, e a parlare sono anche i dati: dall'inizio del 2008 i crimini sono diminuiti del 10%.
Ah...un'ultima cosa...non mi sembra di aver mai visto un solo insulto a chi ha ideologie contrarie alla mia, perciò chi commenta con insulti, oltre ad essere ignorato come merita, non dimostra certamente la sua superiorità mentale, anzi..
*WiLLy
In Italia la ratifica (approvazione) di un Trattato Internazionale avviene tramite votazione Parlamentare che il popolo non può abrogare perchè la Costituzione stessa reputa questi trattati troppo importanti:
La nostra Costituzione prevede inoltre che noi possiamo rinunciare alla nostra sovranità in determinate materie rispetto a organi internazionali SOLO "in condizioni di parità con gli altri Stati" per assicurare "la pace e la giustizia fra le Nazioni" (art. 11) cosa che con il Trattato di Lisbona non accade. In campo economico l'Inghilterra non rientra nell'Unione Monetaria Europea (in pratica il sistema monetario che regola le variazioni dei tassi d'interesse dell'euro) ma ha autonomia in materia potendo mantenere politiche monetarie a suo favore e a scapito degli altri Paesi Europei dipendenti invece dalla burocrazia Europea.
Questi sono solo alcuni punti pratici e incongruenze dell'INCOSTITUZIONALE Trattato di Lisbona ma qui si tratta anche di qualcosa che è altrettanto pratico ma anche "morale".
Nell'odierna Unione Europea avvengono enormi sprechi (sedute nel parlamento per decidere l'ampiezza che deve avere una banana commerciabile o acquisti di oggetti a prezzi spropositati) e corruzione. Problemi radicatissimi in Italia, mali dai quali oggi noi stessi fatichiamo a liberarcene e cosa dovremmo fare? Far parte di un'organizzazione ancora più infognata di noi? E che risultati avremmo se non un Debito Pubblico dell'Unione Europea maggiore e un peggioramento culturale dovuto a scuole e sistemi sociali sempre più inefficenti?
"Sei troppo catastrofico" direte voi e avete ragione. Forse son troppo catastrofico, ma io di aspetti positivi ne vedo molto pochi. Già molte iniziative dell'UE oggi si sono dimostrate inutili se non dannose sia in campo economico che culturale. Immagino a dar le redini in mano ai burocrati e mafiosi Europei cosa succederà...
Con ciò nessuno qua stà denigrando L'OBIETTIVO dell'UE, ma in poche parole, quello che OGGI serve è "l'Europa dei Popoli, non dei burocrati".
Vorrei dare, umilmente, risposta a Napolitano:
"È l'ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea, lasciandone fuori chi - nonostante impegni solennemente sottoscritti - minaccia di bloccarli. Non si può pensare che la decisione di poco più della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Unione possa arrestare l'indispensabile, e oramai non più procrastinabile, processo di riforma" (Giorgio Napolitano)
"Fateci votare democraticamente anche noi e vediamo se quell'1% non aumenta"